La parola DOJO è composta da due ideogrammi, DO significa “via” e JO significa “luogo”, dunque DOJO significa “il luogo dove si percorre la Via”; dove il termine “Via” è inteso come sentiero di vita per una crescita fisica e spirituale.
Questa visione della vita come via da percorrere è consueta fra gli orientali, un po’ meno per gli occidentali, per loro la vita è un percorso di crescita che inizia alla nascita e termina con la morte. È una via a senso unico dove tutto vive e passa, ma non torna indietro, non un solo minuto, non un solo secondo tornerà mai più.
Ecco perché nel Karate la via da percorrere deve essere vissuta al meglio di noi stessi, non fare il proprio meglio nel Dojo significa perdere il proprio tempo inteso come spazio di vita. Per questo il Dojo va rispettato; l’inchino entrando e uscendo dal Dojo non è una formalità, è un modo per rispettare il posto e le persone che vivono con noi in quel luogo.
Ogni Dojo ha un lato che viene considerato il più importante dai praticanti, lo SHOMEN, dove SHO significa “corretto” mentre MEN significa “lato, facciata”. Lo Shomen orienta il Dojo nello spazio fisico, è il lato che dà un’identità al luogo di pratica, sullo Shomen vengono messi oggetti come ritratti di Maestri di oggi e del passato o emblemi intesi a dare un volto alla Scuola. Quando si entra nel Dojo ci s’inchina verso lo Shomen, questo gesto riunisce tutte le forme di rispetto verso la Scuola, la sua storia, i suoi appartenenti.
L’inchino nel Karate non è una forma di venerazione o di sottomissione, ma un preciso segno di rispetto verso il luogo, il Sensei, e i compagni.
Sensei Salvatore Schetto