Honbu Dojo (Milano): Soshi Masaru Miura e il suo allievo, maestro Salvatore Schetto.
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Quello che segue è il racconto della mia personale e umana esperienza con il Karate-do, e voglio dedicarlo a chi ha intrapreso da poco, o magari vorrebbe intraprendere, la pratica di questa meravigliosa Arte Marziale.
Se invece chi sta leggendo è un praticante esperto e dunque presumo maturo, saprà certamente che i principianti hanno bisogno, soprattutto nel primo periodo di pratica, di una buona dose di entusiasmo o di qualcuno che li sproni, ed è quello che vorrei riuscire a fare.
Dunque quale miglior occasione se non questa per dedicare uno spazio a chi è entrato in contatto con il “Karate” in maniera non diretta, e che nonostante voglia cimentarsi nella pratica resta invece fermo per via delle perplessità date dal ricordo di alcuni famigerati film (tanto scenici quanto poco reali); o ancora peggio a causa di quei “cattivi maestri” che per primi vendono le “arti marziali” come merci, snaturandole dei valori che invece le impreziosiscono, ma soprattutto negando ai neo praticanti la possibilità di intraprendere il lungo cammino (Do) verso la conoscenza di se stessi.
Il mio Maestro non è una persona qualunque; sono felice, e non posso non ammettere di essere stato anche fortunato nella vita, da diversi punti di vista, sia perché dopo molti anni di pratica esprimo con fermezza quale esperienza sana, costruttiva ed entusiasmante sia quella del Karate-do, ma soprattutto perché ciò si è reso possibile grazie al mio Maestro, che come potrete intuire proseguendo la lettura, è stato più di un insegnante per me.
Ebbi la fortuna di conoscerlo un po’ per caso, anche se a dirla tutta forse le cose non stanno proprio così. Per questo di seguito vi racconto come andò…
Correva l’anno 1981 quando da bambino in me cresceva l’attrazione per il Karate. Si avvicinava il mio compleanno, quando, già positivamente influenzato dai miei compagni di scuola che da tempo lo praticavano, venni ulteriormente spinto dal mio “destino fortunato” a desiderare un regalo diverso dal solito, e cioè l’iscrizione al corso di Karate che si teneva in una palestra di Rosolini, piccolo paese della provincia di Siracusa. Conobbi il mio attuale Maestro da subito perché, nonostante fossi solo un bambino principiante, volli partecipare ugualmente ad un allenamento dedicato ai più esperti e che lui stesso (venendo appositamente da molto lontano) tenne nel nostro piccolo Dojo siciliano.
Trascorrevano i giorni e mi accorgevo che grazie alla mia scelta mi sentivo molto felice, tanto che durante un’intervista radiofonica di un’emittente locale (vinsi all’epoca un concorso di poesie), alla classica domanda “cosa vuoi fare da grande?” io risposi “il maestro di Karate”.
Dopo pochi mesi di pratica però la mia famiglia dovette trasferirsi per lavoro nel nord d’Italia, ma nonostante ciò e con qualche sacrificio in più, mi permise non solo di proseguire la pratica del Karate in una palestra della stessa Federazione, ma addirittura proprio in quella del mio grande Maestro.
Inutile sottolineare quanto io lo ritenga importante e speciale: specifici e mirati sono sempre stati i suoi insegnamenti, singolare è stato ed è il suo modo di porsi nei confronti delle persone nonché dei suoi allievi, tutte caratteristiche che assieme ad altre lo rendono semplicemente unico; e ecco perché io e tanti altri lo stimiamo profondamente.
Certo che tornando indietro con i ricordi sino all’età dell’adolescenza, ammetto di aver incontrato e fortunatamente superato, periodi di difficoltà ed incertezze sorte dal dubbio su quale importanza concreta potessero avere nella mia vita il Karate ed il mio Maestro.
Ancora una volta però fui spinto dal mio “destino fortunato” e proseguendo imparai ad apprezzare quei valori che un ragazzino per natura non sempre comprende o accetta.
Non ritenetelo esagerato se sento di volervi dire con sincerità che questa persona è stata per me come un padre e credetemi… perché lo è stata davvero; mi ha voluto veder crescere nella disciplina, nella forma e nella tecnica, educandomi, temprandomi e dandomi così la possibilità di vivere esperienze per le quali non veniva sempre stabilito l’arrivo o il risultato finale, ma che in compenso mi hanno fatto vivere senza sprecare la vita.
Pensate, un tempo evitavo addirittura di incrociare il suo sguardo e non soltanto per timore, ma perché ritenevo doveroso che da parte di un bravo allievo nei confronti del proprio maestro, si dovesse evitare per rispetto qualsiasi forma di confronto, per cui anche nell’intensità dello sguardo.
Oggi invece, con serena e lucida devozione, guardo i suoi occhi e mi catapulto nell’infinito che riescono ad aprirmi.
A dire la verità, a lui mi lega un profondo sentimento che sto attento però a non esternare troppo, soprattutto in pubblico, perché so che lui resterà sempre il mio Maestro e io… soltanto un suo allievo.
Disciplina e sacrificio, questi i valori che mi hanno temprato, grazie al Sensei. Mi ha sempre posto davanti agli occhi la vita paragonandola ad un esercizio, dove soltanto “l’allievo” decide con quanto impegno e dedizione praticare l’allenamento, arrivando di conseguenza a migliorarsi durante la crescita.
Una volta mi disse: “Salvatore… non posso sprecare la mia esperienza ed il mio insegnamento con tutti”, restai interdetto e mi chiedevo come una persona così grande e saggia potesse usare termini che io reputavo dispregiativi. Beh! con il tempo capii!
Un’altra volta ancora mi disse: “Considera la vita come un meccanismo complesso che all’infinito ripete il suo ciclo, e soltanto chi lo guarda con gli occhi dell’anima capta micro movimenti che per molte persone sono impercettibili o addirittura inesistenti”. Gli ho creduto… ed anche stavolta non si sbagliava.
Oggi anch’io miscelo questi valori, visto che mi sono dato l’arduo compito di insegnare Karate-do in una scuola che ho voluto chiamare Heijo Shin Dojo; questo perché è con il cuore che voglio curare giorno per giorno il cammino mio e ora anche quello di altre persone delle quali mi ritengo responsabile, ma che contraccambiano con impegno durante ogni lezione.
Loro sanno che un karateka ama e rispetta tutto ciò che lo circonda, ma ancora più importante… è umile; un karateka non butta per terra la carta, non tratta male un anziano e non si fa grande con gli altri per il fatto stesso che pratica un’arte marziale.
Fare Karate non significa per forza usare gambe o braccia, anche perché un bravo karateka impara con il tempo ad essere prima di tutto astuto e diplomatico.
Ai miei allievi tramando ciò che ho appreso e che continuo ad apprendere dal Maestro attraverso un metodo che con l’esperienza e lo studio raffino sempre di più. E tutto con ancora più ardore da quando un giorno arrivò per me la sorpresa dell’inaspettata “illuminazione“.
Stavo leggendo un testo di saggistica orientale, quando all’improvviso lessi la frase: “non seguire le impronte del tuo maestro… ma cerca ciò che anche lui stava cercando” dopodiché smisi di respirare e per qualche istante tutto si arrestò.
Si arrestò il battito cardiaco ed insieme a lui ogni cosa che attorno a me restava terrena: il tempo, le immagini e i suoni, poi sentii sfociare un’emozione che a parole vi giuro non riuscirei a descrivervi, come se all’improvviso, senza patire alcun dolore ma al contrario un assurdo pacato piacere, mi si fosse squarciato il petto e ne fosse fuoriuscito il cuore che batteva emozionato al contatto con l’aria fresca e pulita che subito ci inebriò… facendoci tornare a respirare.
Vedete, ancora una volta forse non sono stato in grado di descrivere cosa accadde in quell’occasione, ma non importa, ciò che conta veramente è che quel momento sia esistito.
In ogni caso il Karate-do identifica un viaggio con se stessi attraverso il quale ci si da diverse opportunità di crescita per cui di miglioramento personale.
Si impara a dare un valore all’esistenza di tutti e di tutto ciò che ci circonda, si interagisce con gli altri nella pratica socializzando con abitudini e culture diverse dalla nostra, mentre si perseguono i valori e concetti come “dare e ricevere”, “attivo e passivo”, “pieno e vuoto”, “forza centrifuga e centripeta”, “tempo e distanza”, tutto questo soltanto grazie al duro lavoro, che solo nel tempo ci da in cambio una più profonda conoscenza di noi stessi, grazie alla quale acquisiamo dimestichezza sufficiente a poterci difendere e non a “offendere o attaccare” per primi (purtroppo luogo comune della nostra società), e non ultimo in termini di importanza, a trovare quell’equilibrio interiore che porta ad esseri sereni e pronti a tutto, o quasi.
Non dimenticatevi che per arrivare (ognuno con la propria persona) bisogna innanzi tutto volerlo, perciò se siete decisi e magari volete farvi un regalo venite a trovarci in una delle nostre palestre presenti in tutta Italia, troverete Istruttori capaci e pronti ad accogliervi, poi chissà, potrebbe entrare in gioco il vostro “destino fortunato”.
Infine… sappiate che può essere del tutto normale incominciare a praticare il Karate-do con in mente idee e concetti inconsapevolmente irreali e infondati, ma chi prosegue capisce e cambia; in una fase successiva si scoprono pregi e difetti della propria persona ed i più bravi focalizzano (e ancora più importante accettano) i propri limiti.
Chi prosegue ancora scoprirà un sereno autocontrollo.
Ed infine, ma solo dopo moltissimi anni di duro lavoro, si può diventare “artisti marziali”, cosa si prova arrivati a questo punto?… beh, non lo so!
Concludo augurando a tutti un “buon viaggio” e per primo al mio Maestro, Soshi Masaru Miura, al quale sento di voler dire dal cuore… Grazie Maestro!
Giappone 2006: il Maestro Soshi Masaru Miura con il suo allievo, maestro Salvatore Schetto,
diretti all’isola di “Miyajima” propriamente detta “Itsukushima”, in occasione dei Mondiali di Tokyo.
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Saluto e ringrazio in modo particolare il mio primo insegnante di Rosolini senza il quale forse questa mia storia di Karate-do non avrebbe visto luce. Grazie Maestro Giovanni Gallato, e che l’arte marziale non l’abbandoni mai.
In ultimo, ma non per importanza, ringrazio i miei genitori per tutto quello che negli anni hanno fatto per permettermi questa meravigliosa esperienza, e invito tutti a tenere sempre in considerazione che gran parte di ciò che abbiamo, o che siamo, lo dobbiamo alle persone che ci amano incondizionatamente.
OSS! (Io passo attraverso la sofferenza)
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