Portopalo di Capo Passero, Sicilia, il M° Salvatore Schetto (oggi 5° Dan) in riflessione meditativa
sulla piccola e tondeggiante “Isola delle correnti” dove il mar Ionio e Mediterraneo si incontrano.
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Kyu Kyoku (Energia Viva)
Prefazione della Tesi d’esame di 3° Dan
In quest’ultimo periodo ho pensato tanto ad una tipologia particolare di lavoratori, vale a dire quella dei contadini. Ho riflettuto sul tipo di lavoro che essi sono chiamati a svolgere, alla loro grande umiltà, e a come nell’arco di un anno e col passare naturale delle stagioni un contadino svolga le proprie attività in modo ciclico, per cui anche ripetitivo, ma divenendo per questo sempre di più un “valoroso” contadino.
Potrà sembrare alquanto strano, ma credo ci sia una similitudine con il “mestiere” di karateka; in altre parole, credo che l’imparare a pensare e agire da karateka, possa aiutare nel tempo, grazie anche a un assiduo lavoro, a scoprire valido il metodo impregnato di valori e disciplina per cui il Karate-do piano piano può rivelarsi Arte.
Tuttavia entrambi, sia il contadino che il karateka, sanno che non sempre raccoglieranno i frutti desiderati o meritati nonostante il duro lavoro e i tanti sacrifici, quindi le rinunce, ma vivono ugualmente valorizzando con gioa ciò che possiedono; e con una gran maturità il giorno dopo… sono di nuovo al lavoro.
Anch’io a mio modo e grazie al lavoro, ma anche allo studio pro-attivo, oggi ho raggiunto una nuova e importante meta, cioè quella del conseguimento del grado di 3° Dan, traguardo importante nella vita di karateka come altri in quella di uomo.
Di sana pianta ho elaborato un Kata del quale vado fiero e non soltanto per i pensieri o le curiosità che può suscitare nelle menti altrui, forse anche per via dell’estetica, ma soprattutto per i principi che esso cela e dei quali soltanto io conosco la reale essenza, avendola sentita.
Sono orgoglioso del lavoro svolto perché mi ha visto attore di una crescita maturata durante un cammino che a tratti si è rivelato puro raccoglimento spirituale.
In ogni caso spero si capisca quanto voglia porre l’accento all’aspetto “sacrificio”, elemento subliminale che di certo non si misura soltanto in base al sudore emesso dal corpo, come invece pensa chi ha occhi inesperti.
Il contadino e il karateka, quei due personaggi tanto lontani quanto vicini, diversi ma simili, saranno comunque felici di aver vissuto per un altro giorno… mentre per quanto riguarda il raccolto di uno o il risultato dell’altro, esisterà sempre e comunque chi secondo i gusti lo apprezzerà di più e chi meno: ma non è certo questo ciò che per loro conta di più.
Per quanto riguarda la tesi, alla commissione che ha valutato l’intero mio esame, ho sottolineato come le tecniche del kata e le rispettive applicazioni presentate, siano state scelte fra le tante che durante lo studio si sono rivelate possibili e reali sotto diversi aspetti; alla fine le ho applicate sulla base del Karate. Tuttavia durante la preparazione del Bunkai è stato molto interessante potersi avvicinare ai principi di altre discipline marziali come ad esempio la fluidità dell’Aikido; ma quello che mi soddisfa maggiormente è che alla fine ho sentito “la mia creazione” come un concentrato di “neutralità”.
Immaginando applicazioni da strada, ai miei allievi coadiutori ho chiesto di simulare attacchi con coltelli e bastoni, per poi farli tornare alle forme tradizionali del Karate.
Inoltre ho voluto valorizzare aspetti che ritenevo fondamentali per l’avvicinamento alla realtà in vista di attacchi sempre meno convenzionali, portati insomma in maniera da destabilizzare la prontezza psicofisica dell’aggredito: i colpi arrivano visibilmente nei punti in cui gli avversari riconoscono che Uke (difensore) è scoperto o privo di guardia, pertanto attaccano alle spalle quando Uke è ancora impegnato con un altro avversario, al viso quando ha le braccia basse, alle gambe o al fianco quando ha le braccia sollevate, ecc.
L’intera sequenza del kata è impregnata di un principio che tra tutti è il più importante e dal quale prende il nome, un’energia viva che anima i movimenti si concentra sino ad esplodere sul finale di ognuno; energia che per l’appunto non si disperde tra una tecnica e l’altra, ma si sposta morbidamente, consentendo così al difensore di parare il colpo in modo poco vistoso, evitando perciò di allertare l’attaccante ignaro, e risultando efficacissima (in certi casi mortale) nei contrattacchi che il più delle volte nascono dal proseguimento stesso delle parate: in tal modo gli uni e le altre diventano alla fine un tutt’uno.
Sono felice perché questa esperienza mi ha segnato positivamente come particolare e unica, ma soprattutto perché ho potuto trarre sensazioni di piacere, desiderio e soddisfazione ogni qualvolta il mio pensiero si rivolgeva all’esame; solo alla fine ho deciso di chiamarlo Kyu Kyoku, ma per realizzarlo ho impiegato circa due anni; in compenso, posso testimoniare con grande entusiasmo come per me siano stati in fondo due anni di sacrifici meravigliosi.
OSS! (Io passo attraverso la sofferenza)
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