Questa sommaria esplorazione sul “respiro” nasce da una conversazione avuta col Maestro Masaru Miura circa due anni fa, quando gli espressi il mio pensiero sulla limitata attenzione posta, nell’ambito del Karate, sulla respirazione. Dissi al Maestro che ritenevo importante che durante la pratica si tenesse conto anche del modo in cui si respira, in quanto propedeutico a maturare la “propriocezione” di sé, in relazione ai movimenti del corpo, nonché alle dinamiche interne.

Allora la sua reazione fu piuttosto “scettica”, forse perché non ero stato in grado di spiegargli da subito che il mio concetto non era rivolto a coloro che, come lui, hanno raggiunto un altissimo livello tecnico e di padronanza di sé sotto ogni punto di vista, bensì a coloro che vogliono elevare la personale consapevolezza di ciò che anima la pratica corporea, inserendo il “respiro” come fattore complementare, così che l’allenamento delle tecniche non risulti fine a se stesso.
Con piacevole stupore da parte mia, di recente il Maestro è tornato sulla questione, chiedendomi di studiare ciò che regola la corretta respirazione, affermando che egli stesso lo ritiene interessante e aggiungendo che ciò aiuta, insieme allo studio costante della nostra disciplina, a mantenersi in salute.
Per avallare il suo invito, il Maestro ha usato il termine giapponese Nagaiki che significa “longevità”, come a dire che respirando bene ci si dà l’opportunità di una vita sana e longeva.
Ma quante cose sappiamo sulla respirazione? Ci capita di ignorare o dare per scontati diversi aspetti, come il fatto che la respirazione rappresenta il nostro primo livello di “nutrimento” a partire dal primo atto respiratorio quando si nasce, sino all’ultima esalazione; sappiamo infatti che si può stare 20 giorni senza mangiare, 3-4 giorni senza bere, ma non più di pochi minuti (per i più bravi) senza respirare!
Essendo anche un operatore laico di primo soccorso, durante i corsi BLS-D per l’utilizzo del defibrillatore, ho potuto apprendere che il principale motivo per cui si muore è la mancanza di apporto di ossigeno al cervello, che può scaturire da innumerevoli cause sia naturali che accidentali.
Non sapevo invece che ogni giorno in media assumiamo circa 10 metri cubi d’aria, filtrati da una superficie polmonare estesa pari a un campo da tennis; e che respiriamo in media più di 25.000 volte al giorno (frequenza che cambia in base al soggetto e all’impegno fisico, indicativamente dalle 18 alle 22 volte al minuto). Alcuni sostengono che la frequenza ideale per raggiungere uno stato di benessere, dovrebbe essere di 8-10 volte al minuto, sino ad arrivare a 5-6 respiri al minuto per i più allenati, come coloro che praticano Yoga ad alto livello. E’ significativo che questi ultimi, durante la loro pratica, pongano l’attenzione sulla consapevolezza dell’atto respiratorio durante gli esercizi e le tecniche avanzate in proporzione alla preparazione fisica e mentale raggiunti.

Metodi di respirazione
In molti sottolineano che l’importante è curare che la respirazione avvenga attraverso il naso, sia in fase di inalazione che di esalazione. E’ fuori di dubbio che inspirando dal naso permettiamo che l’aria venga riscaldata alla temperatura corporea, umidificata quasi a vapore acqueo e filtrata dagli agenti esterni tramite il setto nasale. Respirare normalmente dalla bocca porta, viceversa, ad una eccessiva assunzione di ossigeno; questa provoca a sua volta un lavoro eccessivo per il cuore, conducendo nel tempo a un indurimento che, rendendo questo muscolo meno elastico, ne impedisce una prestazione efficiente nelle diverse situazioni. Tutt’altra cosa è l’allenamento consapevolmente finalizzato a una più elevata performance, ma in queste occasioni l’organismo passa in via del tutto spontanea, e solo in caso di necessità di maggiore apporto di ossigeno, alla respirazione tramite la bocca. Pertanto nella maggioranza dei casi, non solo è controproducente respirare con la bocca, ma questo a lungo andare può fare insorgere conseguenze cardiache negative. In via generale, nasciamo, come si diceva prima, respirando in modo corretto, ma è con il passare del tempo che per via di diversi fattori esterni e interni “perdiamo” l’abitudine alla corretta respirazione.
Ci sono poi casi in cui l’esperienza stessa evidenzia quanto sia poco salutare respirare con la bocca, come ad esempio nella corsa a basse temperature, quando l’aria non più riscaldata dal naso arriva direttamente allo stomaco provocando spesso disturbi quali fitte all’addome o persino vomito.
D’altra parte c’è anche chi, pur partendo dall’evidenza anatomica per cui l’organo deputato alla respirazione è il naso e non la bocca, sostiene che respirare esclusivamente con il naso sia sbagliato: sarebbe preferibile assecondare il respiro “naturale”, dunque senza forzature, demandando all’organismo stesso la decisione se respirare dal naso, dalla bocca o da entrambi; e soprattutto senza la “consapevolezza”, o impegno mentale, che altri invece ritengono fondamentale.
Come coniugare le diverse tesi? Ritengo che entrambe siano condivisibili, ma che si riferiscano a due livelli differenti di “maturità”: ad alcuni gioverà una focalizzazione, durante la pratica, sul metodo e sulla tecnica di respiro, a differenza di coloro che sentono di avere superato questo stadio e sono in grado di padroneggiare la propria tecnica in modo disinibito, dunque senza un lavoro “razionale”. Esattamente come accade nel Karate, dove c’è chi studia miscelando elementi teorici a prove pratiche e chi, come l’ “artista marziale” è capace di movimenti connaturali.

Tecniche di respirazione
Esistono diverse tecniche respiratorie finalizzate al raggiungimento di uno stato di benessere corporeo o emozionale. Una buona respirazione può essere quella detta “4 – 4” o anche diaframmatica regolare (ovvero dove si conta fino a 4 sia nella fase di inalazione che di esalazione).
Troviamo poi quella chiamata “quadrata”, ritenuta un metodo utile per entrare in uno stato di meditazione; essa prevede lo stesso lasso di tempo (comunque variabile) nelle quattro fasi di inspirazione, apnea a polmoni pieni, espirazione, e ancora apnea a polmoni vuoti.
La “4-7-8”, anche detta “dolce sonno”, prevede invece di inspirare per 4 secondi, trattenere a polmoni pieni per 7 ed espirare in 8 secondi. Tuttavia, la gamma di tecniche su base “triangolare” è vasta e contempla numerose variazioni nei tempi delle singole fasi, secondo le capacità e le esigenze della persona.
Esiste una tecnica migliore delle altre? Anche nell’ambito della corsa, in cui la respirazione riveste un ruolo centrale, coesistono diverse scuole di pensiero: c’è chi sostiene che essa debba avvenire tramite il naso, respirando con la pancia, magari con ritmi dettati razionalmente, e chi, come l’atleta David Furlan, afferma che la corsa debba andare eseguita in modo del tutto naturale, dunque impiegando la respirazione sia di naso che di bocca, a seconda dell’andatura, assecondando le proprie caratteristiche psico-fisiche. Furlan sostiene che allenarsi controllando e contando il “3 – 2” (inspirazione in tre passi ed espirazione in due), “3 – 3” o ancora “2 – 1”, introduce uno stress cognitivo che non permette di godere appieno della corsa; piuttosto consiglia ti tenere il ritmo che mente-corpo trovano automaticamente (avvicinandosi spontaneamente alle cadenze suddette) in base alla velocità a cui si è deciso di correre. E se si va in affanno non vuole dire che si sta respirando male, bensì che si sta andando troppo forte per il livello attuale e che bisogna rallentare.
Riprendendo quest’ultima tesi e sfruttando nuovamente l’analogia con l’arte marziale, in cui il più alto livello coincide con la disinvoltura nell’espressione del corpo, mi sento di dire che ciò che può rendere migliore e salutare il nostro modo di respirare è la consapevolezza, cioè la condizione per cui si giunge alla sana respirazione diaframmatica senza che questa venga necessariamente regolata dalla mente.
Da sottolineare in ogni caso i benefici della respirazione con il diaframma, il quale è un muscolo e come tale va allenato perché svolga la sua funzione correttamente. Benché non sia sempre facile curare questo aspetto, va tuttavia osservato che l’organismo respira in modo istintivo attraverso il diaframma in diverse situazioni, come ad esempio durante il sonno, lo sbadiglio o quando tossiamo. Se in una fase di approccio o allenamento ci si concentra sulla scoperta, la funzione e l’utilizzo del diaframma, è importante in una fase successiva padroneggiarne la tecnica per analizzare se e quanto l’intera fase di respirazione coinvolga anche la gabbia toracica; in altre parole si dovrebbe riuscire ad armonizzare il respiro utilizzando non soltanto il diaframma (col rischio in tal modo di irrigidire la parte superiore) bensì tutti gli organi del tronco deputati alla respirazione nelle tre fasi addominale-toracica-clavicolare.

Respiro nel Karate
Applicando quanto appreso sul respiro alla mia esperienza di pratica di Karate, ritengo che la respirazione diaframmatica, insieme alla graduale inspirazione attraverso il naso, sia fondamentale per la buona risposta energetica nei nostri movimenti, siano essi di difesa o di attacco, unitamente allo “schiacciamento” del baricentro (che non significa una flessione inappropriata delle gambe). Una scorretta respirazione come quella che coinvolge quasi esclusivamente la gabbia toracica porta ad avere alcuni limiti: produce un “vuoto” che rallenta la nostra attività/reattività, limita il corretto tempismo e offusca la propriocezione su ciò che stiamo compiendo nel “qui e ora”, come se ci distaccasse, seppur per una frazione di secondo, dal nostro “io” rispetto all’avversario.
Vorrei spiegare quest’ultimo concetto attraverso un esempio pratico: stando in guardia e immaginando di dover compiere un movimento di parata o di attacco, ci si sentirà “inefficaci” se:
a) si inspira in modo brusco
b) si sta già compiendo la fase di respirazione e perciò si va in “apnea”
c) si piegano eccessivamente le gambe
d) si irrigidiscono le braccia
e) si irrigidisce l’addome o più in generale il tronco.

Questo avvalora la considerazione che un buon livello tecnico nella disciplina marziale necessita di quello studio dei molteplici aspetti a cui ci ha sempre esortato il Maestro Miura, il quale porta ad essere inizialmente “inconsapevoli”, poi “consapevoli” e alla fine capaci di un’espressione connaturale.
Un’ultima osservazione, in chiusura, che rimanda per altra via al concetto di “Nagaiki”, longevità, da cui sono partito: in Oriente i maestri Yogi dicono che la durata della vita è già determinata, fin dalla nascita, dal numero di respiri che ognuno di noi ha; non dagli anni ma dal numero dei respiri… come a dire che chi respira lentamente, vivrà più a lungo. Questo punto di vista mi affascina e mi fa pensare a quanto veloce andiamo nella stragrande maggioranza dei casi, ogni giorno, e che qualche volta dovremmo rallentare il ritmo per goderci di più la vita e gli affetti.

Oss!!

M° Salvatore Schetto

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