A cura degli allievi Romano Simoni e Chiara Prizzi

La seguente intervista è stata realizzata ad Ottobre del 2009 per rispondere alle domande degli allievi e delle persone incuriosite dal Karate. Nel farlo il M° Salvatore Schetto ha cercato di non soffermarsi sugli aspetti più “tecnici” della pratica, ma di mettere in luce la stretta relazione che intercorre tra il Karate -do e la vita, liberando allo stesso tempo il campo dai tanti facili pregiudizi su questa disciplina.


INDICE DELLE DOMANDE

Cliccando sulla domanda desiderata si potrà leggere la relativa risposta.

  1. Quale sarà il futuro del Karate?
  2. Quale ruolo riveste il Karate nel contesto sociale?
  3. Quali benefici si possono ottenere dalla pratica del Karate-do?
  4. Quali sono le caratteristiche necessarie per praticare il Karate-do?
  5. In che modo la pratica del Karate-do può fare la differenza nella crescita psicofisica dei bambini?
  6. L’ideale è cominciare la pratica da bambini o si possono trarre benefici e vantaggi anche se si comincia in età più avanzata?
  7. Da quanto tempo pratica il Karate?
  8. Cosa nel Karate l’ha spinta a non lasciarne mai la pratica?
  9. Ha mai avuto crisi o ripensamenti?
  10. Qual è il rapporto che si dovrebbe instaurare tra Maestro e allievo?
  11. Farebbe praticare il Karate ai sui figli?
  12. Quale sport avrebbe praticato se non avesse incontrato il Karate?
  13. Cosa si può fare per trasmettere a chi non lo conosce una visione positiva del Karate?
  14. Quali valori o tendenze della società odierna ritiene siano antitetici al Karate-do?
  15. Perché nelle arti marziali è importante il rapporto tra corpo, mente e spirito?
  16. Quali messaggi danno i film passati e moderni delle arti marziali?
  17. Qualsiasi karateka può diventare un bravo istruttore? O ancora, un bravo agonista può essere anche un valido insegnante?
  18. Le è mai capitato di usare il Karate contro qualcuno?
  19. Esistono arti marziali migliori di altre? Il Karate lo è?
  20. E’ vero che chi usa il Karate può avere problemi con la legge?
  21. Può farci un esempio di come si applica il Karate nel quotidiano?
  22. Qual è il suo slogan personale?

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1. Quale sarà il futuro del Karate?

A meno che qualche “avvoltoio” non decida di cambiargli il nome (reinventandolo in forma più moderna e accattivante, snaturandolo però della sua essenza), penso che nell’immediato futuro non ci saranno grosse sorprese da parte del Karate, sia per quanto riguarda il numero delle persone che lo praticheranno, sia per la sua collocazione nel contesto sociale e in quello sportivo.
Tuttavia auspico che il futuro veda un “ritorno” alla marzialità. E se da una parte una disciplina dura come può essere la pratica del Karate si discosta sempre più dai valori e dallo stile di vita moderni, dall’altra ritengo che proprio grazie a questa caratteristica il Karate praticato con impegno e sacrificio rimarrà sempre di più un’oasi di emozioni ed esperienze difficilmente sostituibili.
Lo paragono ai classici balli di liscio i quali, nonostante siano stati surclassati da altri stili più moderni o “esotici”, rimangono pur sempre fortemente emozionanti per chi li pratica con passione, nonché “difficili” dal punto di vista tecnico. E oggi, purtroppo, il difficile annoia.
In futuro, perché il Karate possa riconquistare valore, servirà amore per la pratica, ma soprattutto dei bravi Istruttori che contribuiscano ad una divulgazione sana e impregnata di marzialità.
Inoltre, per immaginare lo scenario futuro di questa arte marziale, si dovrebbe tenere in considerazione la recente notizia (del 13 Agosto 2009) per la quale ancora una volta è stata respinta dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) la candidatura del Karate per la partecipazione alle Olimpiadi.
Che sia o meno un bene (sempre ammesso che si trovino degli “accordi” tra le tante federazioni italiane e mondiali di Karate), questo può sicuramente indurre ad ulteriori riflessioni.

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2. Quale ruolo riveste il Karate nel contesto sociale?

Apparentemente di sola utilità sportiva e “ludica”, ma chi lo pratica seriamente da molto tempo gli riconosce senz’altro aspetti formativi della persona, sia sul piano psicofisico, sia per ciò che concerne la sfera personale e caratteriale. Questa disciplina può consentire a qualsiasi età di (ri)trovare un equilibrio interiore in grado di rilasciare uno stato di benessere psicofisico da un lato, e dall’altro di maturare una “particolare” capacità di resistere agli imprevisti della vita, cioè la “resilienza” (come dice una mia allieva), soprattutto se rapportati ad un contesto sociale.
Mi sia concessa una riflessione: in un mondo spesso volutamente “omogeneizzato”, il Karate può contribuire a forgiare persone speciali e utili alla salvaguardia dell’umanità (non soltanto quella purtroppo ormai “commerciale” fatta di bambini denutriti e sporchi); intendo persone diametralmente opposte alla tipologia prevalente in una società non cattiva, ma di sicuro superficiale e sterile, che “comincia con il voler cambiare il mondo e finisce col cambiare i canali” (Luciano De Crescenzo).

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3. Quali benefici si possono ottenere dalla pratica del Karate-do?

Grazie alla pratica del Karate(do), oltre al beneficio fisico, mentale, morale, e a favore della persona in generale (carattere, autostima, autocritica, propensione al sacrificio, disciplina), si può stare certi di “vivere senza sprecare la vita”.

Heijo Shin Dojo - Intervista Maestro Salvatore Schetto

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4. Quali sono le caratteristiche necessarie per praticare il Karate-do?

Chiunque può cominciare la pratica del Karate; le prime defezioni arrivano quando viene richiesto di seguire una pratica che va più verso il Karate-do (“Via” o “Cammino” intrapreso con maggiore impegno e sacrificio). Coloro che continuano dimostrano di essere disposti a scrollarsi di dosso i pregiudizi o le possibili illusioni iniziali, e accettano di vivere la pratica come un’esperienza per la quale non può essere fissata la durata a priori. In altre parole tra le caratteristiche necessarie sicuramente aiuta l’essere umile e allo stesso tempo determinati. Insomma ritengo siano le stesse che occorrono per la “pratica della vita” in generale, dove non dovrebbe mai mancare un altro ingrediente fondamentale, che non è il prezzemolo, ma la curiosità.
Un progetto che mentalmente inseguo da tempo, e che nel futuro vorrei cercare di sviluppare, è quello di istituire corsi volti a persone con svantaggi fisici e mentali. Sono certo che chiunque, eventualmente con l’ausilio opportuno, potrà trarre beneficio dalla pratica di questa meravigliosa disciplina.

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5. In che modo la pratica del Karate-do può fare la “differenza” nella crescita psicofisica dei bambini?

Mi capita spesso, quando i genitori degli allievi più piccoli vengono a fare la “conoscenza” del Maestro e della Scuola, di leggere dietro le loro parole una comune errata convinzione, quella che il Karate da solo possa mettere a posto il carattere dei loro figli, siano essi troppo timidi o troppo indisciplinati, un po’ violenti o arroganti, poco svegli o con serie difficoltà di concentrazione.
Questa domanda in realtà mi dà modo da un lato di spezzare un’ennesima lancia a favore del Karate, dall’altro di fare un monito nei confronti di quei genitori che pensano di poter “addossare” la responsabilità dell’educazione dei propri figli al corso di Karate: la disciplina impartita durante le lezioni in palestra dovrebbe collimare con l’educazione acquisita tra le mura di casa. Questa condizione rimarrà di fondamentale importanza per il resto della vita, specialmente perché ogni bambino risulterà essere, nel bene e nel male, un riflesso della propria famiglia. Crescendo incontrerà molte situazioni che gli chiederanno di misurarsi con persone e circostanze, sotto diversi aspetti, ed è scontato che altrettanti fattori potranno determinargli l’esistenza, ma in ogni caso il suo inconscio (protettivo) farà richiamo alle “cellule”, ovvero ai ricordi nonché agli insegnamenti acquisiti in un ambiente sano, quale quello familiare.
Solo con questi presupposti la pratica del Karate può essere un valido supporto per la crescita di un bambino, meglio ancora se con un Istruttore che lavori con cognizione e passione.

Heijo Shin Dojo - Intervista Maestro Salvatore Schetto

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6. L’ideale è cominciare la pratica da bambini o si possono trarre benefici e vantaggi anche se si comincia in età più avanzata?

L’importante è soprattutto cominciare, perché così come diverse tra loro sono le foglie di un albero – nonostante d’acchito possano apparire uguali – così ogni grande o piccolo individuo, essendo unico e particolare, assimilerà il Karate in modo del tutto soggettivo, traendone in ogni caso dei benefici.
Sicuramente un adulto e un bambino avranno modi e tempi diversi di apprendimento, perché diversi sono l’animo, il carattere e la mente con cui lo si vive; anche per questo motivo il Karate si può definire una disciplina completa, sotto tutti i punti di vista, capace di spronare l’individuo concedendo spazio a miglioramenti personali.

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7. Da quanto tempo pratica il Karate?

Il primo bollino annuale alla S.K.I.-I. (allora l’acronimo era S.K.K.-I.) risale all’anno 1981- 82. A volte mi sembra che sia trascorso molto meno tempo, mentre altre, stranamente, faccio fatica a ricordare tutti i momenti “magici” che ho vissuto in sua preziosa compagnia.

Heijo Shin Dojo - Intervista Maestro Salvatore Schetto

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8. Cosa nel Karate l’ha spinta a non lasciarne mai la pratica?

Le difficoltà imponenti che nella vita non ti permettono di prendere strade diverse, e implicano un sacrificio personale non indifferente, ma che poi, fortunatamente, ti congedano più forte e sensibile di prima. E al tempo stesso le esperienze diametralmente opposte, quelle elettrizzanti ed entusiasmanti che però appagano in maniera più immediata e superficiale: anche queste hanno alimentato la mia voglia di continuare; tuttavia non hanno lasciato un segno altrettanto forte, quasi indelebile, come i momenti difficili cui accennavo prima.

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9. Ha mai avuto crisi o ripensamenti?

Fortunatamente sì! Nel senso che ho imparato nel tempo che per crescere sono necessari dubbi, riflessioni o domande che ci spronino a fare e dare del nostro meglio. Si dice che “la stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa, differentemente dalla saggezza che deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda” (Milan Kundera).Perciò, se da una parte un momento di crisi può essere visto come un “avvallamento”, un ingresso in uno spazio apparente indefinibile – vasto e cupo – pieno di problemi e preoccupazioni, dall’altra può darci la possibilità di vivere ciò che sino a quel momento ci sembrava irrealizzabile, facilitando la scoperta di noi stessi e delle nostre potenzialità. Dunque visti in questo modo, i momenti negativi possono rappresentare un momento di crescita, che ahimè non tutti però riescono a cogliere.

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10. Qual è il rapporto che si dovrebbe instaurare tra Maestro e allievo?

Come accade per ogni rapporto produttivo e duraturo, occorre del tempo anche per instaurare un profondo legame (che va al di là del classico rapporto “sociale”) tra Maestro e allievo. Un rapporto infatti per potersi definire “grande” tra amici, “unico” tra moglie e marito, e “speciale” tra Maestro ed allievo, dovrebbe basarsi su elementi fondamentali quali rispetto reciproco, fiducia, comprensione, complicità, sentimento, ma soprattutto deve sempre essere vissuto con trasporto.
La disciplina e le “regole” di comportamento che vanno adottate da un allievo nei confronti del proprio Maestro fanno parte da secoli dell’etica marziale, ma non sono soltanto un vuoto formalismo, bensì mattoncini di una casa che va costruita poco alla volta, ma che alla fine risulterà più solida di molti altri edifici.
D’altro canto il Maestro, dal mio punto di vista e soprattutto dalla mia esperienza con il mio sensei Masaru Miura, dovrebbe cercare di adottare un “sano distacco” nei confronti dei suoi allievi, poiché questo non è dato da un sentimento di superiorità, ma è volto a facilitargli sia l’apprendimento dell’arte marziale senza condizionamenti “esterni” (che solitamente derivano da manifeste disparità e preferenze tra gli allievi), sia il vivere un’esperienza unica e vera soprattutto – come molti spesso dimenticano – dal punto di vista interiore.
Dunque ritengo che un rapporto di questo tipo non possa essere di uno spessore “comune”, rischiando di perdersi oltre i confini dentro ai quali è invece opportuno proteggerlo.

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11. Farebbe praticare il Karate ai sui figli?

In questo momento mi viene difficile dare una risposta obiettiva; sono diventato da poco padre di un magnifico bambino, e nonostante per lui sia ancora presto, ritengo però – facendo un discorso più generale – che l’importante per i bambini sia innanzitutto praticare uno sport, e questo a prescindere dal tipo di attività.
Mi porrò il problema in termini più concreti quando Samuele sarà grande abbastanza. Ma dipenderà anche da quella che sarà allora la mia considerazione dello sport in relazione alla società: praticare una disciplina con sacrificio e costanza risulta oggigiorno molto difficile e spesso si tende a scegliere ciò che “costa” meno.

Heijo Shin Dojo - Intervista Maestro Salvatore Schetto

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12. Quale sport avrebbe praticato se non avesse incontrato il Karate?

Premettendo che il Karate-do non è uno sport (ma questo lo si scopre solo grazie alla maturità data dalla pratica), tornando indietro con i ricordi al periodo in cui cominciai non credo ce ne siano stati altri che mi attraessero; piuttosto mi ricordo il forte desiderio di iniziare, perché come spesso capita tra i bambini, ma non solo, venni attratto da altri miei compagni di classe che già lo praticavano.
Tuttavia, dal momento che penso di adorare qualsiasi sport in generale, mi viene difficile pensarne uno che non praticherei volentieri, o di cui non vorrei carpire aspetti percepibili solo dal “di dentro”… sempre se ne avessi il tempo sufficiente.
E’ proprio il “tempo” (insieme alla salute) ciò che di più importante abbiamo. Per dimostrarlo basterebbe chiedere il valore di un “mese” alla madre di un bambino nato prematuro, di “un’ora” a due innamorati che stanno aspettando di vedersi, di un “minuto” a chi ha appena perso il treno, o ancora il valore di un “secondo” a chi è scampato di un soffio a un incidente.
Ho spesso trasferito ai miei allievi il pensiero per il quale ritengo che giorno/ settimana/ mese/ anno/ vita siano paragonabili ad una bottiglia vuota da “due litri”, dove all’interno si è liberi di versare ciò che più si desidera, e quanto se ne desidera, ma con l’unica limitazione comune di avere a disposizione pur sempre, e soltanto, “due litri”.

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13. Cosa si può fare per trasmettere a chi non lo conosce una visione positiva del Karate?

Semplicemente dare il buon esempio, senza però pretendere di cambiare le opinioni altrui. Uno dei  principi del padre dello Shotokan M° Funakoshi dice che l’importante “non è pensare di vincere, ma cercare di non perdere”.

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14. Quali valori o tendenze della società odierna ritieni siano antitetici al Karate-do?

L’arrivismo ossessivo. L’ineducazione e la mancanza di sensibilità verso gli altri. L’idea che si possa ottenere ciò che si vuole senza impegno e sacrificio. La mancata riconoscenza verso chi ha più esperienza. Il non rispetto degli altri. L’idea per cui ci si può forgiare senza gli ostacoli della vita. Il luogo comune per cui ci si sente da meno rispetto ad altri se non si gira il mondo, non preoccupandosi invece di trovare se stessi.

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15. Perchè nelle arti marziali è importante il rapporto tra corpo, mente e spirito?

Non che in genere nello sport non lo sia, ciò che cambia sono le finalità; non me ne voglia chi pratica ad esempio calcio piuttosto che tennis, ma nel caso delle arti marziali lo scopo più importante non è la vittoria delle competizioni, ma la conoscenza di se stessi.
Se all’inizio infatti la pratica è improntata su un piano più che altro fisico, dove la priorità consiste nel raggiungere la forma corretta, con il passare del tempo e con l’esperienza si comincia, attraverso allenamenti di diverso genere, a far lavorare il corpo in sinergia con la propria mente e con il proprio spirito. E’ molto importante percorrere passo dopo passo il sentiero che porta verso la crescita della propria persona, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche mentale.
Con il tempo si capiscono concetti che in altri momenti risulterebbero di difficile comprensione; ad esempio mentre all’inizio quasi tutta la pratica viene svolta “imitando” il Maestro ed i compagni di grado superiore, presto o tardi si comprende che l’importante non è copiare, o voler diventare troppo simili a qualcun altro, e si comincia a lavorare su se stessi con passione crescente, sino a scoprirsi un “fiocco di neve”, vale a dire unico.

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16. Quali messaggi danno i film passati e moderni delle arti marziali?

Il Karate insieme ad altre arti marziali, anche grazie ai film di Bruce Lee, fecero scalpore intorno agli anni settanta perché rappresentavano un’occasione per avvicinarsi allo sconosciuto oriente. Dunque come ogni cosa “nuova” è riuscita a stuzzicare la curiosità della massa, che forse poco altro aveva in quel momento su cui concentrarsi. Ritengo infatti ci sia una relazione tra lo stato di benessere in cui oggi viviamo e il fatto che oggi i film di arti marziali (che siano comici, di azione, drammatici o di animazione, come il recente Kung Fu Panda) non risultino avere lo stesso sano impatto emotivo di quarant’anni fa.
A pensarci bene in pochi decenni abbiamo vissuto un’evoluzione sul piano sociale e soprattutto delle tecnologie, così esponenziale da riuscire in qualche modo a “rimpicciolire” il mondo in cui viviamo, tanto che non ci sorprendiamo ormai quasi per nulla. Per fare un paragone basti pensare a come sia cambiato nel tempo il concetto di “vacanza”: se nel settanta la vacanza era attesa come il momento da vivere con i propri familiari, e la meta più lontana concepibile era a qualche centinaio di chilometri da casa, al giorno d’oggi ci sembra quasi scontato recarci in luoghi dall’altra parte del globo terrestre.
Dunque, persa “l’ingenuità” degli spettatori di quel tempo, che venivano stupiti e affascinati positivamente da ciò che vedevano, e perso l’intento di chi come Bruce Lee voleva che i propri film mettessero nella giusta luce le arti marziali (cioè utilizzate per lo più per difendersi da soprusi), restano la spettacolarizzazione forzata di tecniche e incontri (nella reale difesa personale basta un buon colpo per mettere fine a un incontro) e le interpretazioni errate che molti oggigiorno attribuiscono a ciò che vedono sullo schermo.
Tutto questo porta a messaggi o a una visione diseducativa delle arti marziali, specialmente per chi vuole lasciare ciò che vede ad uno strato di conoscenza superficiale.

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17. Qualsiasi karateka può diventare un bravo istruttore? O ancora, un bravo agonista può essere anche un valido insegnante?

Non è detto. Così come sulla carta dieci medici hanno lo stesso titolo, ma nella pratica possono essere più o meno bravi sia professionalmente che nel rapporto con i pazienti, così anche nell’ambito del Karate, se un allievo non ha la stoffa, la vocazione o i requisiti giusti per divenire istruttore, non dovrebbe intraprendere questa strada.
Colgo l’occasione per ricordare che un karateka non per forza deve percorrere un cammino designato (insegnamento, arbitraggio o agonismo), ma può (e deve, se questo è il suo desiderio) praticare per se stesso in primo luogo, per il piacere della pratica e della propria crescita personale.
Per quanto riguarda l’agonismo vale lo stesso concetto, anche se forse è più probabile che un agonista diventi un insegnante. A questo proposito purtroppo una situazione che spesso si verifica è quella in cui un bravo agonista, arrivato “all’apice del successo”, nel momento in cui più che mai potrebbe essere di esempio per i giovani karateka, sparisce invece dalla scena, non assumendo il ruolo di tramite tra ciò che gli è stato insegnato dai maestri (e che ha perfezionato con l’esperienza in anni di agonismo) e le nuove leve.

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18. Le è mai capitato di usare il Karate contro qualcuno?

Il Karate si utilizza sempre, in ogni occasione e ogni luogo, se lo si vuole. Ovviamente, non sto parlando dei “calci e pugni”, ma se è a questo che la domanda fa riferimento, allora sì, mi è capitato, ma per fortuna senza gravi conseguenze.

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19. Esistono arti marziali migliori di altre? Il Karate lo è?

Dal mio punto di vista è meramente assurdo poter stilare una “classifica” in merito. Nonostante le scuole di pensiero possano essere diverse, supporto l’idea per cui le arti marziali si trovano idealmente alla base di una montagna; avanzando di grado e di esperienza, si dovrebbe (a prescindere dal punto da cui si è partiti e dai diversi sentieri percorsi) arrivare alla stessa vetta.
La cosa veramente importante però, secondo il mio parere, è che, scelta una strada, si continui a perseguire quella con dedizione sino in fondo. Capita infatti troppo spesso, al giorno d’oggi, di voler “strafare”, e tanti istruttori per primi tendono purtroppo a vendere le arti marziali come merci, come fossero “pacchetti” di un abbonamento satellitare, tentando di percorrere (e di far percorrere) più sentieri contemporaneamente.
Il rischio è quello di perdersi, non raggiungere mai la cima, e sovraccaricare la suddetta “bottiglia da due litri” che rappresenta la nostra vita.

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20. E’ vero che chi usa il Karate può avere problemi con la legge?

Vedo che nel tempo cambia la forma ma non la sostanza. Dico questo perché è da quando ero bambino che mi viene posta la stessa domanda. Di vero c’è che la legge italiana punisce chiunque rechi danno agli altri, a prescindere dallo sport praticato; tuttavia chi pratica un’arte marziale o una disciplina di combattimento deve adottare un occhio di riguardo qualora venisse chiamato per necessità a utilizzare ciò che nel corso degli anni ha appreso. Questo perché, per chiunque, vale il principio per cui la difesa deve essere proporzionata all’offesa: se ad esempio da un tentativo di scippo il rapinatore riporta invalidità permanenti dovute all’eccessiva difesa dell’aggredito “esperto”, si configura un eccesso di difesa che può essere legalmente perseguibile.
Ovviamente, più importante di quanto appena detto, è che ogni karateka impara innanzitutto ad essere, quando possibile, astuto e diplomatico, sveglio e attento, e ad evitare le situazione di pericolo.

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21. Può farci un esempio di come si applica il Karate nel quotidiano?

Dato che con il Karate si impara a considerare anche gli aspetti più impercettibili di ciò che ci circonda, in tema con l’imminente giungere dell’inverno, vorrei prendere in considerazione un evento tanto comune quanto fastidioso (visti poi i possibili risvolti) e cioè il frequente e inopportuno azionamento dei “retronebbia” dell’autovettura.
Può effettivamente rivelarsi rischioso, non soltanto per i due diretti protagonisti, ma anche per terzi innocenti, se si pensa che di solito per via della sollecitazione che questo reca agli occhi, il conducente della vettura retrostante può azzardare manovre nervose, e dunque pericolose. Pertanto al fine di evitare brutte esperienze, consci che tutto questo può essere solo la punta di un iceberg, mi sento di consigliare un uso corretto dei retronebbia, possibilmente solo nei casi in cui è strettamente necessario; se non servirà a trovare degli amici, quantomeno servirà a non farsi dei nemici.
In conclusione, ritengo che qualsiasi cosa, a partire soprattutto dagli eventi più piccoli e abitudinari, può celare una miriade di sfaccettature importanti che bisognerebbe imparare a considerare; questa attenzione a lungo andare può non solo evitare danni a se stessi e a chi ci circonda, ma può sicuramente arricchire e fare evolvere la nostra persona.

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22. Qual è il suo slogan personale?

”Metti impegno in ogni cosa che fai!”

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OssOSS!
(Io passo attraverso la sofferenza)


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